Una vita come tante di Hanya Yanagihara - Recensione



Non sarete mai pronti ad affrontare questo libro. Per quanto pensiate di esserlo vi garantisco che non siete preparati al dolore che vi aspetta. E' un dolore quasi continuo, vi lascerà dei rari momenti di tranquillità che saranno comunque sempre pervasi da una lontana malinconia e da una strana sensazione di rassegnazione. 
Uno dei libri più belli, intensi e devastanti che abbia mai letto.


TITOLO: Una vita come tante
AUTORE: Hanya Yanagihara
EDITORE: Sellerio
PAGINE: 1094






Riassumere una storia di questa portata non è semplice e sono certa che non riuscirò rendere giustizia a questo libro. Un romanzo che nelle sue quasi 1100 pagine racconta l'amicizia, l'amore e la vita di quattro persone, quattro ragazzi che seguirete per trent'anni della loro vita.
Malcom, giovane rampollo di una ricca famiglia, da sempre alla ricerca del consenso e dell'approvazione dei suoi genitori che riesce col tempo a diventare un importante e affermato architetto.
JB un ragazzo gay di colore con la passione per l'arte e l'ambizione di poter diventare un artista di fama internazionale. Tra i quattro è sicuramente quello con il carattere e il temperamento più forte e prepotente.
Willem, il più gentile e altruista dei quattro ragazzi, figlio di genitori freddi e distaccati, lavora in un ristorante nel tentativo di poter un giorno diventare un attore.
Jude, il più misterioso dei quattro amici. Un avvocato di successo con un passato nebuloso che tenterete di ricostruire tassello dopo tassello cercando inutilmente di non annegare nel suo stesso dolore.
Quello che voi sapete per centinaia di pagine è solo che nel passato di Jude è successo qualcosa di terrificante. Qualcosa che lo ha portato ad avere dei problemi fisici evidenti e che lo costringono a camminare con palese difficoltà e ad essere dilaniato spesso da dei dolori alla schiena disumani.

"Camminavi prima?" chiese Malcom, come se ora non camminasse più. La domanda gli provocò tristezza e imbarazzo: quello che per lui era camminare, per gli altri sembrava non esserlo. "

Nessuno sa da che cosa siano stati provocati e che cosa sia successo nella sua vita prima di arrivare al college dove si sono conosciuti i quattro ragazzi. Lui non ne ha mai voluto parlare e loro non hanno mai insistito per conoscere la verità. E vi assicuro che la verità è terrificante.

Saranno gli ultimi due ragazzi quelli che seguirete con maggiore interesse, Jude in particolare sarà quello che si farà strada lentamente dentro di voi. Questo libro ha una caratterizzazione dei personaggi che è qualcosa di straordinario, non si limita a mostrarveli ma riesce a farveli sentire, a farli vivere con voi. E nessuno, nessuno vorrebbe vivere la vita di Jude.
Ci sono pagine in cui vorrete solo andare oltre quel capitolo, vi sentirete in apnea e andrete avanti a leggere solo per tornare al presente, per lasciare quel ricordo, quel passato, quel racconto che non è insostenibile solo per lui ma anche per voi.
Credetemi non sto esagerando, percepirete il peso di un ricordo devastante e non vorrete riviverlo così come non vuole riviverlo Jude.

Una storia che scava nell'anima dei personaggi come non avevo mai visto fare fino a questo momento. La vita presente di Jude è piena di amici, affetto e amore, ma nonostante questo non riuscirete ad apprezzarlo come non c'è riuscito lui. Resterete focalizzati esclusivamente sul suo passato, incapaci di cogliere il riscatto che ha avuto la sua vita, come se, nonostante tutto, l'ombra della sua infanzia non se ne fosse mai andata, come se niente possa mai cancellare quello che è successo permettendogli di condurre una vita normale.

La cosa assolutamente disarmante è che per 1000 pagine ti prepari psicologicamente a leggere un determinato finale, vi assicuro che vi aspettate che accada una sola cosa, sembra quasi scritto tra le righe...bhe le avevo interpretate nel modo sbagliato quelle righe e, un po' come nella vita vera, le cose non vanno come ti sei aspettato e in una sola pagina questo romanzo riesce letteralmente a distruggerti. Nessuno era mai riuscito a "bloccarmi" con gli occhi sbarrati per cinque minuti davanti ad una riga. Nessun libro prima di questo.

Dal punto di vista narrativo il libro è scritto davvero molto bene, trattandosi del racconto di una vita non aspettatevi ovviamente i colpi di scena o una trama incalzante, ma nonostante questo non è risultato mai, mai, mai noioso o lento. E vi assicuro che io sono particolarmente sensibile sull'argomento. Ci sono parti che sono di una bellezza disarmante, provo a riportarvene una che mi ha lasciato senza parole:

"Riconosco che quello per un figlio è un amore singolare, un amore che non si fonda sull'attrazione fisica , sul piacere, sull'intelletto, ma sulla paura. Non conosci la paura finchè non hai un figlio, e forse è questo che ce lo fa sembrare un amore così straordinario: perchè la paura è straordinaria. Lo tenevo stretto tra le braccia e pensavo a quanto fosse assurdo che mio figlio, qualunque figlio, potesse aspettarsi di sopravvivere in questa vita.
E quando tuo figlio muore provi tutte le emozioni che ti aspettavi di provare e a quel punto, non ti rimane più niente di cui aver paura."


Ho deciso di riportarvi questa parte ma la storia è disseminata di riflessioni di questo tipo, riflessioni che non sono i classici aforismi scontati da baci perugina che capeggiano in molti libri, ma pensieri che ti spingono a rileggere il testo, a pensare a quello che hai letto e a prenderti del tempo per farlo sedimentare dentro di te. Perchè vi garantisco che questo libro cambierà un po' di quello che siete.

IL GIUDIZIO




DAL TESTO

"La consapevolezza che le persone a cui vuole bene sono più fragili delle altre e gli sono state concesse in prestito fino a quanto qualcuno o qualcosa non verrà a reclamarle."

"Prendere atto della mia disabilità sarebbe come cedere al Dr. Trayloe e ammettere che è stato lui a decidere quale forma avrebbe assunto la mia vita."



Le migliori APP per modificare le foto per Instagram



Ve le ricordate le macchine fotografiche con i rullini? e quelle usa e getta? Se rispondete di "NO" significa che siete troppo giovani e io vi odio profondamente per questo!
Negli anni delle elementari prima di partire per una gita scolastica, pregavo mia mamma di prendermi una macchinetta Kodak usa e getta per poter immortalare gli attimi più belli della mia vacanza. Avendo un numero estremamente limitato di foto (solitamente 12), che poi dovevo pagare per sviluppare, certamente non perdevo tempo e denaro nel fotografare il cibo o i miei piedi in procinto di camminare sul marciapiede.
Dovevamo essere bravi all'epoca, molto bravi, cogliere solo le cose più belle e meritevoli di essere fotografate e non potevi sbagliare. Non c'era un cestino digitale in cui gettare la foto e non avevi modo di vederla in anteprima.
Lo so, erano tempi bui e difficili.

Crescendo ho raccimolato i soldini ricevuti per la cresima e mi sono presa la prima macchina fotografica vera...sempre con rullino ovviamente. Sono vecchia portate pazienza. Però almeno era una macchina "permanente" e non usa e getta come quelle che avevo usato fino a quel momento.
Solo durante gli anni delle superiori ho acquistato la mia prima macchina fotografica digitale e da lì la mia vita è cambiata.
Potevo fotografare ogni cosa, anche il cestino della spazzatura diventava artistico e fotografabile, tanto poi potevo salvarlo sul computer senza l'obbligo di sviluppare nulla.
Sapete che non ricordo nemmeno l'ultima volta che ho portato delle foto a far sviluppare? Forse qualche foto del matrimonio? Probabilmente si.

Con gli smartphone e Instagram la passione per le fotografie è diventata un vero e proprio mondo social di condivisione e, se devo dirvela tutta, ad oggi rimane il mio social preferito.
Quando pubblico una foto su Instagram una delle domande che mi vengono poste più spesso riguarda proprio le applicazioni utilizzate per modificare o inserire determinati testi nelle foto, così ho pensato di raccogliere qui le app che uso di più, nella speranza che questo post possa esservi utile in qualche modo.

La prima app di cui vi voglio parlare si chiama "Studio"ed  è proprio quella che uso per inserire i testi che vi piacciono tanto nelle foto che pubblico sul mio profilo.

E' un'applicazione dove potete scegliere se inserire semplicemente un testo scegliendo tra diversi font davvero molto belli, oppure se prendere spunto nella home dalle foto di altre persone e utilizzare le loro stesse scritte e/o effetti grafici applicandoli sulle vostre foto. Funziona per livelli un po' come photoshop e non è proprio così intuititva da utilizzare, ma una volta che ci avrete preso mano vi assicuro che non potrete più farne a meno.

foto modificata inserendo un testo con l'app "Studio"


Per quanto riguarda i filtri ne ho diverse ma quelle che utilizzo di più in assoluto sono:

YouCam Perfect

LINE Camera

Nella maggioranza dei casi utilizzo la prima dove puoi scegliere i filtri anche in base al soggetto della foto (ritratto, scenario, cibo...) e devo dire che ha delle opzioni davvero interessanti.
La seconda che vi ho citato rimane cmq un'ottima alternativa e permette di inserire anche degli stickers nelle vostre foto... vogliamo non mettere un orsetto puccioso nella nostra fotografia???


Parliamo ora di fotoritocco; ho trovato due applicazioni che mi permettono davvero di fare miracoli senza dover accendere il computer. La foto che vedete qui sotto (sorvolate sulle cavolate con cui mi diletto nelle tristi serate piovose) l'ho modificata in 10 minuti interamente con il telefono utilizzando un'app che si chiama Photoshop Mix.



Anche in questo caso ho smanettato un po' per capire come usare le varie funzioni ma offre un servizio davvero strepitoso per essere una semplice applicazione.
Altra app che uso molto per unire diverse fotografie, sovrapporle o ridimensionarle è PicsArt. Anche questa a mio avviso davvero validissima.

Ora avete carpito tutti i miei segreti e posso morire tranquilla...magari non subito cosa dite?
Se conoscete anche voi delle applicazioni carine in ambito della fotografia e del fotoritocco sono tutta orecchie.

La figlia femmina di Anna Giurickovic Dato - recensione



Una di quelle storie che fanno male, che scavano dentro di te nel profondo tanto da trovare un posto in cui sedimentarsi per diverso tempo. Una storia disturbante, scritta con una maestria tale da nascondere perfettamente il fatto che si tratta di un'opera prima.


TITOLO: LA FIGLIA FEMMINA
AUTORE: ANNA GIURICKOVIC DATO
EDITORE: FAZI
PAGINE: 183




Una storia breve, che arriva rapida e veloce come il dolore dopo una ferita e che riesce a lasciare una cicatrice visibile per molto tempo. Non potrei descrivere diversamente questo libro.
Un romanzo che si alterna tra presente e passato, tra innocenza e spudoratezza. Un carattere, quello della Maria adolescente, che cozza completamente con la bambina che corre davanti ai nostri occhi di tanto in tanto nel corso del libro. Quasi a volerci ricordare com'era Maria, quasi a ricordarci la sua innocenza. Un'innocenza che traspariva da suoi giochi, dalle sue domande, dal suo essere bambina.
Una bambina che però inizia a cambiare lentamente. Inizia ad avere comportamenti violenti a scuola, ad avere manifestazioni fisiche strane per la sua età e a fare disegni decisamente ambigui.
Il campanello d'allarme scatta nelle maestre che cercano un confronto con la madre. Una madre troppo cieca per vedere quello che stava succedendo tra le mura della sua famiglia perfetta. Non vedeva o non voleva vedere quello che aveva sempre avuto davanti agli occhi, ancora prima che Maria nascesse.
Ed è stato questo a distruggere quell'innocenza che ancora ci viene mostrata di tanto in tanto, alternata a quello che Maria è diventata. Una ragazza che usa il suo corpo come uno strumento di potere, uno strumento con il quale ha capito di poter controllare gli uomini. Ma non sono i ragazzi della sua età quelli con cui cerca un contatto, ma gli uomini molto più grandi di lei. La situazione arriverà a degenerare quando supererà ancora una volta il limite con il nuovo compagno di sua madre, quella donna che ancora una volta chiuderà gli occhi per non vedere quello che sua figlia è diventata. Per non pensare che in fondo è anche colpa sua se quella bambina non esiste più.

Un storia che si alterna tra presente e passato, tra Rabat e Roma, dove Maria e sua madre sono tornate a vivere dopo la morte del padre. Una morte sulla quale farete luce lentamente fino all'inaspettato colpo di scena.

Una storia difficile, che ti porta immediatamente nel cuore della vicenda senza edulcorare la pillola, mostrandoti immediatamente qual è la causa di tutto. Lo stupro di un padre verso la sua bambina. Non ci sono modi gentili o eleganti per raccontarlo. Non ci sono modi per renderlo più facile da affrontare perchè non lo è, e l'autrice te lo ricorda portandoti in quella camera da letto dopo poche righe, quando nella tua mente c'era ancora l'eco delle risate di una bambina.

Incredibile pensare che un'autrice di soli 27 anni abbia potuto dare origine ad una storia di tale spessore e scritta con questa maestria.

IL MIO GIUDIZIO 



 QUARTA DI COPERTINA

Ambientato tra Rabat e Roma, il libro racconta una perturbante storia familiare, in cui il rapporto tra Giorgio e sua figlia Maria nasconde un segreto inconfessabile. A narrare tutto in prima persona è però la moglie e madre Silvia, innamorata di Giorgio e incapace di riconoscere la malattia di cui l'uomo soffre. Mentre osserviamo Maria non prendere sonno la notte, rinunciare alla scuola e alle amicizie, rivoltarsi continuamente contro la madre, crescere dentro un'atmosfera di dolore e sospetto, scopriamo man mano la sottile trama psicologica della vicenda e comprendiamo la colpevole incapacità degli adulti di difendere le fragilità e le debolezze dei propri figli. Quando, dopo la morte misteriosa di Giorgio, madre e figlia si trasferiscono a Roma, Silvia si innamora di un altro uomo, Antonio. Il pranzo organizzato dalla donna per far conoscere il nuovo compagno a sua figlia risveglierà antichi drammi. Maria è davvero innocente, è veramente la vittima del rapporto con suo padre? Allora perché prova a sedurre per tutto il pomeriggio Antonio sotto gli occhi annichiliti della madre? E la stessa Silvia era davvero ignara di quello che Giorgio imponeva a sua figlia? "La figlia femmina" mette in discussione ogni nostra certezza: le vittime sono al contempo carnefici, gli innocenti sono pure colpevoli.

I misteri di Chulk Hill di Susanne Goga - Recensione





Nel giro di una ventina di giorni mi sono trovata diversi messaggi nella chat della mia pagina facebook dove alcuni di voi (o meglio gli amici di youtube) mi consigliavano di leggere questo libro. Ritrovarsi lo stesso consiglio, diverse volte nel giro di un paio di settimane, vi garantisco che fa pensare.
Così mi sono decisa e l'ho acquistato. Non conoscendo l'autrice ed essendo io tristemente povera, ho preferito comprarlo su libraccio dove fortunatamente l'ho trovato in condizioni piuttosto buone.
Bravo libraccio!


 TITOLO: I misteri di Chalk Hill
 AUTORE: Susanne Goga
 EDITORE: Giunti
 PAGINE: 414





Leggere questa storia mi ha fatto capire quanto le persone che mi seguono siano arrivate a conoscere me e i miei gusti, e vi giuro che mentre leggevo queste pagine mi ritrovavo a sorridere per questo motivo. Era una sensazione bellissima. Che sia l'età a rendere così sdolcinati? 

La storia presenta quell'ambientazione inglese vittoriana che adoro, una grande villa dove vive una bambina che ha da pochi mesi perso sua madre.  E' per lei che il padre cerca un'istitutrice, qualcuno che possa seguirla negli studi ma anche nell'educazione necessaria ad una bambina per entrare in società. Qualcuno che possa insegnarle a suonare uno strumento, a dipingere, a ricamare e magari anche una lingua straniera.
Charlotte, una ragazza tedesca, risponde a questo annuncio per lasciarsi alle spalle il suo passato, e viene assunta all'interno di Chalk Hill.
Adoro le storie in cui queste grandi ville diventano in qualche modo un personaggio vivo e presente all'interno del romanzo. Un luogo in cui lo stesso lettore possa perdersi e del quale possa invaghirsi.
Charlotte scoprirà presto che in quella casa sta succedendo qualcosa di strano, qualcosa che riguarda la piccola Emily. 
Fin dalle prima notti in quella casa Charlotte viene svegliata dalle urla di quella bambina, quando però entra nella sua stanza trova la tata già seduta sul letto intenta a consolarla.
Gli episodi iniziano a diventare sempre più frequenti e sempre più gravi e Charlotte inizia ad indagare per scoprire cosa sia realmente successo alla madre di Emily. Quella donna che la figlia dice di vedere di notte nella sua stanza.
Nessuno però in quella casa può pronunciare il suo nome da quando è morta. Nessuno sembra voler dire quale sia il terribile passato che si cela in quella casa.

La storia mi è piaciuta davvero molto. Non avevo mai affrontato questa autrice ma devo dire che la sua scrittura è davvero ammaliante. Possiede la dote di far scorrere davanti agli occhi le pagine e senza che tu possa rendertene conto, crea quella magia per cui non smetteresti più di leggerlo.
Piccola nota in merito al finale (non farò spoiler tranquilli). 
Per quanto mi riguarda il finale è abbastanza scontato, avevo intuito con largo anticipo come si sarebbe risolto il mistero e quindi come l'autrice avrebbe concluso la storia, ma nonostante questo non sono mai, e dico mai, arrivata a perdere interesse per questo romanzo.
Se cercate un buon libro di intrattenimento con un mistero da scoprire e questo stile vittoriano che io amo tanto ve lo consiglio davvero. 

IL MIO GIUDIZIO



QUARTA DI COPERTINA

È il 1890 e Charlotte, giovane istitutrice berlinese, abbandona tutto per raggiungere l'Inghilterra, decisa a rifarsi una vita dopo una terribile delusione d'amore. Giunta nella splendida tenuta di Chalk Hill, sulle verdi colline del Surrey, dovrà occuparsi della piccola Emily, l'incantevole figlia dell'altezzoso sir Andrew. Tra Charlotte e la bambina nasce subito un forte affetto, turbato però da un evento tragico che continua a tormentarla. Da quando la madre è morta in circostanze misteriose, Emily è convinta di vederne lo spettro, soffre di sonnambulismo e prova un inspiegabile terrore alla vista del fiume che scorre accanto alla villa. Charlotte tenta di indagare, ma nessuno dei domestici osa rompere il silenzio imposto dal vedovo sulla morte di lady Ellen. Solo con l'aiuto dell'affascinante giornalista Thomas Ashdown, chiamato a investigare sulle strane apparizioni che avvengono nella casa, Charlotte riuscirà a far luce su un segreto sconvolgente, nascosto tra le antiche mura di Chalk Hill. E forse, a poco a poco, imparerà di nuovo a credere nell'amore...


Le bambine dimenticate di Sara Blædel - Recensione



L'ho visto in libreria ancora qualche settimana fa ed è stato uno di quei casi in cui non sono riuscita proprio a trattenermi, dovevo prendere in mano questo libro. Tutto sembrava dire "leggimi", "sarò una storia fighissima", così l'ho rigirato tra le mie mani e leggendo la quarta di copertina la mia curiosità è arrivata alle stelle. Vedendo il treno in arrivo sul primo binario ho posato il libro lanciandogli un'ultima occhiata dispiaciuta: "tornerò, te lo prometto", e qualche giorno dopo mi ha contatta la Fazi editore che gentilmente ha posto fine alle mie agonie inviandomi una copia de "le bambine dimenticate."


TITOLO: LE BAMBINE DIMENTICATE
AUTORE: SARA BLAEDEL
EDITORE: FAZI
PAGINE: 283





Ho amato questo libro fin dalle prime righe, ha saputo creare da subito quel magico incantesimo per cui non riesci più a fare niente, nemmeno la doccia, per non staccare gli occhi dalle sue pagine. 
La storia potrebbe essere definita un giallo, ma la trovo quasi riduttiva come etichetta. E' un romanzo articolato benissimo dove la vicenda si apre con il ritrovamente di un cadavere. Una donna era stata brutalmente uccisa dopo aver subito una violenza sessuale e il suo cadavere era stato abbandonato in un bosco. Quello che salta subito agli occhi alla polizia è che il cadavere presenta un'enorme cicatrice che ricopre gran parte del viso, caratteristica che dovrebbe renderla facilmente riconoscibile, ma più passano i giorni, più proseguono le indagini e più brancolano nel buio. Nessuno in quel paese sembra conoscere quella donna.
Questo almeno finchè non viene identificata da un'infermiera che molti anni prima lavorava in una struttura psichiatrica infantile, una sorta di ospedale psichiatrico in cui, tra le varie bambine abbandonate, aveva in cura una bambina che aveva quella stessa cicatrice. Una bambina che però venne dichiarata morta molti anni prima insieme a sua sorella gemella.
Era un luogo terribile, dove i bambini con problemi mentali venivano letteralmente abbandonati dai genitori, e quando questi cercavano di mantenere comunque un contatto era lo stesso ospedale ad incentivare la rottura dei rapporti con la famiglia di origine. Avrebbero solo innervosito i pazienti, così dicevano i responsabili di quella strana clinica, dove i poveri bambini dimenticati passavano le giornate guardando fuori dal grande cancello sperando nell'arrivo dei genitori.
Che cosa succedeva davvero all'interno di quella struttura? Dove è rimasta quella donna in tutti questi anni?

Un mistero che arriverete a scoprire piano piano, mettendo insieme un tassello dopo l'altro fino all'inimmaginabile finale. Uno di quei finali descritti così bene che hai la sensazione di vedere quella scena terribile davanti ai tuoi occhi e che riesce a farti star male per diverso tempo.

Sara Blaedel, una delle principali scrittrici danesi di Crime story ci regala un libro scritto davvero benissimo, un giallo avvicinente, mai banale e sviluppato magistralmente. Una caratterizzazione fantastica dei personaggi e una storia che non ha mai punti morti. Credetemi non potrete mettere giù questo libro. No, nemmeno per lavarvi.

IL MIO GIUDIZIO



 QUARTA DI COPERTINA

Il cadavere di una donna viene trovato in un bosco isolato. Ha subito violenze sessuali e ha una strana, lunga cicatrice che le solca il viso. Nessuno ne ha denunciato la scomparsa. A essere incaricata delle indagini è Louise Rick, a capo del Servizio Investigativo Speciale, affiancata da Eik Nordstrøm. Lei donna materna sotto la scorza dura, lui bello e dannato. Agnete Eskildsen, una vecchia infermiera, finalmente riconosce il corpo: la donna si chiama Lisemette ed era una paziente dell’ospedale psichiatrico infantile Eliselund, dove lei lavorava trent’anni prima. Una bambina dimenticata, come tutti gli altri dell’istituto, abbandonata dalla famiglia e dal mondo. Presto Louise scopre che Lisemette aveva una sorella gemella, ed entrambe erano state dichiarate morte quand’erano ancora piccole. È solo la prima di una serie di scoperte sempre più inquietanti, sull’infanzia di Lisemette e su quello che accadeva dietro le porte di Eliselund. A complicare ulteriormente le cose, le indagini portano Louise nei pressi della casa dov’è cresciuta, costringendola a fare i conti con un terribile segreto del suo passato che tornerà a galla insistentemente. Una vicenda intrigante e avvincente che terrà il lettore incollato alle pagine.
Il primo libro di una nuova, emozionante serie bestseller pluripremiata, firmata dalla più popolare scrittrice di crime danese.

Nicole Spose vince l'oscar per l'abito da sposa 2017


 Non dovrei più guardare abiti da sposa, non dovrei nemmeno più interessarmi al mondo bianco e plissettato dei matrimoni, eppure... eppure eccomi qui, a guardare con occhi adoranti foto di meravigliosi abiti bianchi. Credo sia proprio una malattia la mia, non posso farne a meno, ogni anno nella stagione dei matrimoni cado vittima della mia debolezza.
Gli abiti da sposa hanno sempre avuto un fascino irresistibile su di me. Fin da bambina spalancavo gli occhioni davanti ai quei vestiti principeschi che sembravano usciti da una favola. Ho immaginato mille volte il giorno del mio matrimonio, l'ingresso in chiesa e quell'abito meraviglioso che per quel giorno sarebbe stato solo mio.
Forse proprio per questa ossessione ho avuto tanti dubbi quando è stato il momento di scegliere il mio abito da sposa.
Tralasciando traumi passati volevo guardare e commentare con voi la prima edizione degli oscar dedicati al mondo del matrimonio lanciati da Elle.
Una premiazione che si è tenuta lo scorso 19 maggio a Milano e che era diretta a premiare le principali categorie dedicate appunto al mondo del matrimonio.
Non sono mai stata una persona molto paziente e voi? Direi che possiamo passare direttamente alla categoria che più ci interessa: l'abito da sposa.
Certo, certo, anche il marito è importante, anche il suo abito avrà un ruolo da protagonista e bla bla bla...cosa stavamo dicendo? L'abito da sposa.
Sono stati 19 i finalisti a questo ambitissimo premio, vediamone alcuni insieme.

                      Monique Lhuillier

Il pizzo qui è favoloso secondo me! Guardate la lavorazione del corpetto, e le linee morbide della gonna! Un sogno!

  
Delpozo

Qui devo farvi vedere necessariamente anche il retro perchè è assolutamente favoloso.Guardate poi come esalta la figura la gonna! Lo adoro!




Antonio Riva
Ehm... l'abito è indubbiamente "importante" però fatico ad immaginare una ragazza normale dentro a questo coso. Io almeno mi ci perderei. Non so nemmeno infilare una cannotta incrociata sul retro senza istruzioni...


Monique Lhuillier
Indubbiamente alternativo e dallo stile alquanto singolare. E' già il secondo abito di questo stilista che finisce in finale. Preferisco il primo se devo essere sincera. 

Pronovias
Un pronovias non poteva mancare. Era uno dei miei brand preferiti anche nell'anno in cui ho scelto il mio abito. Anche in questo caso piccola come sono mi perderei dentro ad un abito del genere, ma indubbiamente diventerebbe il protagonista
indiscusso della giornata.


Nicole & Felicia Couture
Molto impegnativo e forse anche dallo stile "invernale" però personalmente lo trovo elegantissimo ed estremamente raffinato.

Tra questi che vi ho mostrato il mio preferito rimane il primo...ma, veniamo al vincitore? L'oscar per gli abiti da sposa 2017 è andato a un vestito della collezione Nicole Spose firmato Alessandra Rinaudo

Indubbiamente un vestito meraviglioso. Io forse sono di parte perchè adoro le linee di Nicole Spose. E' sempre stata una delle mie collezioni preferite, quest'abito però unisce le tendenze del momento ad uno stile classico e in qualche modo intramontabile.
Guardate che lavorazione meravigliosa, che retro elegante e principesco senza però essere eccessivo.
Insomma concordo assolutamente con la scelta della giuria.
Quando posso sposarmi di nuovo??? Sempre con lo stesso uomo sia chiaro, non ho la pazienza per educarne un altro.

La ragazza di prima di J.P. Delaney - Recensione

 

Immaginate di poter vivere nella casa costruita da un architetto di fama mondiale. Una casa elegante, confortevole e arricchita con ogni confort tecnologico immaginabile. Immaginate ora di poterci vivere pagando un affitto davvero ridicolo paragonato al valore della casa. 
Bene, c'è solo una "piccola" formalità collegata a questa possibilità: è obbligatorio accettare una serie di regole. Regole che nessuno al mondo sarebbe disposto ad accettare nemmeno se si trattasse di vivere in un castello.
La casa deve essere mantenuta costantemente in ordine, non possono essere lasciati vestiti e oggetti fuori posto, non possono essere aggiunti mobili oltre a quelli che già si trovano al suo interno, non possono essere appesi quadri o fotografie, qualsiasi cambiamento anche il più piccolo e insignificante deve essere sottoposto alla valutazione dell'architetto, e periodicamente deve essere compilato un test per verificare lo stato psico-fisico della persona che vive in quella casa e i suoi miglioramenti comportamentali.
Ah... un'ultima regola: niente libri all'interno della casa.
Sì lo so, tanti cari saluti e arrivederci! Abbiamo pensato la stessa cosa.


TITOLO: LA RAGAZZA DI PRIMA
AUTORE: J.P. DELANEY
EDITORE: MONDADORI
PAGINE: 389




Questo romanzo racconta la storia di due donne: Emma e Jane. Due donne che il lettore seguirà in parallelo notando di volta in volta delle somiglianze incredibili nel loro aspetto, nel loro tragico passato e nel comportamento strano e inquietante che l'architetto riserva ad entrambe.
Emma è una donna spaventata, la cui fragilità deriva da un'aggressione subita nella sua precedente abitazione. 
Jane invece ha bisogno di un posto per ricominciare una nuova vita dopo la morte di sua figlia. Una bambina deceduta quando ancora nel suo grembo e che aveva dovuto partorire pochi mesi prima.
Due donne che hanno bisogno di ricominciare, di ritrovare se stesse e di ripartire da zero.
C'è solo un piccolissimo dettaglio. Emma è morta in quella casa prima che Jane andasse ad abitarci. Il caso fu archiviato come un suicidio, ma in realtà nel corso della lettura, scoprirete che quella casa cela ben altri segreti così come l'architetto che la costruì e che perse anche la moglie e suo figlio in circostanze alquanto singolari.

 L'idea di base di questa storia non è male ma, e c'è un enorme, giagantesco MA, poteva essere gestita davvero molto ma molto meglio.
Già dopo una trentina di pagine quello che poteva apparire come un thriller si trasforma in una brutta copia di "50 sfumature di grigio". L'architetto diventa un latin lover pronto a saltare addosso alle protagoniste che perdono ogni razionalità e ogni freno davanti al bel Don Giovanni.
Pagine e pagine e pagine di preliminari e sesso fatti un po' in ogni dove, e i personaggi che già all'inizio sembravano piuttosto forzati, perdono rapidamente ogni credibilità.

Il finale a mio avviso è piuttosto prevedibile, ho imparato ormai a diffidare del personaggio che vogliono farti apparire colpevole ad ogni costo fin dall'inizio e ad osservare con diffidenza quello che invece rimane costantemente nell'ombra ma sempre presente all'interno della storia. Anche in questo caso non mi sbagliavo.

Mi sono avvicinata a questo libro molto ingenuamente, mi è stato regalato e non sapevo effettivamente che cosa avrei trovato tra le sue pagine. Ora lo so. Niente.
Lettura a mio avviso evitabile che non mi sento assolutamente di consigliare.

IL MIO GIUDIZIO



 QUARTA DI  COPERTINA

Con quest'uomo ci andrei a letto. Gli ho detto poco più che buongiorno, eppure la parte più segreta di me, quella che sfugge al mio controllo, ha già espresso il suo giudizio. Lui mi tiene aperta la porta della sala riunioni e persino questo piccolo gesto di cortesia mi sembra carico di significato. Non posso credere di essere a un passo, un solo piccolo passo, dall'aggiudicarmi la casa che lui, Edward Monkford – un innovatore, un architetto riservato e profondo –, ha progettato e realizzato in Folgate Street, civico 1, Londra. Una casa straordinaria. Un edificio che coniuga l'avanguardia europea ad antichi rituali giapponesi. Design minimalista di pietra chiara, lastre di vetro insonorizzate e sensibili alla luce, soffitti immensi. Nessun soprammobile, niente armadi, niente cornici alle finestre, nessun interruttore, nessuna presa elettrica. Un gioiello della domotica, dove tutta la tecnologia è nascosta. Una casa che però ha le sue regole, il Regolamento come lo chiamo: se diventerà mia non dovrò soltanto rinunciare a tappeti, fotografie alle pareti, piante ornamentali, animali domestici o feste con gli amici, ma dovrò plasmare il mio carattere, accettare una concezione della vita in cui il meno è il più, in cui l'austerità e l'ordine sono la purezza, e la sobrietà la ricompensa. Perché lui vuole così, perché lui è così. Ha voluto sapere tutto di me, mi ha chiesto un elenco di tutte le cose che considero essenziali per la mia vita. Dicono che quest'uomo, dai capelli di un biondo indefinito e dall'aspetto poco appariscente, con gli occhi di un azzurro chiaro e luminoso, sia un architetto eccezionale perché non cede a nessuna tentazione. Tuttavia, la casa è già stata abitata, una volta. Da una ragazza della mia stessa età, quasi una mia gemella, mi hanno detto. Anche lei, come me, non insensibile al fascino di quest'uomo. Una ragazza che tre anni fa è morta. In questa casa.

La notte eterna del coniglio di Giacomo Gardumi - Recensione


Toc-toc Toc-toc ... è un bussare leggero, quasi impercettibile quello che sente Mark accostando l'orecchio alla porta d'acciaio del bunker sotterraneo. Quel bunker dove si sono nascosti lui e suo padre in seguito ad un'esplosione nuleare. La telecamera esterna però non rileva alcuna presenza. E quel bussare calmo, tranquillo, quasi sinistro ha qualcosa di assolutamente agghiacciante.


TITOLO: LA NOTTE ETERNA DEL CONIGLIO
AUTORE: GIACOMO GARDUMI
EDITORE: MARSILIO
PAGINE: 417






Un libro claustrofiobico che si sviluppa quasi completamente all'interno di un piccolo bunker sotterraneo, un bunker dove ha trovato rifugio Jane, la protagonista, insieme ad altre due persone, dopo aver sentito alla radio l'allarme lanciato in vista di un imminente attacco nucleare. 
Oltre a quel bunker ne esistono altri due, costruiti da familiari ed amici della protagonista, e i vari personaggi riescono a mantenere costantemente il contatto grazie a dei computer installati all'interno di ciascun rifugio.

Jane è una ragazza che si ritrova suo malgrado separata dal marito Mark, che trovandosi a casa del padre nel momento in cui è stato lanciato l'allarme, si ritrova a nascondersi in un altro bunker. Ed è proprio qui che i due uomini iniziano a sentire qualcuno o "qualcosa" bussare alla porta del rifugio. E' un rumore continuo, costante, tranquillo, quasi sinistro
Mark  riesce a registrarlo e a farlo ascoltare anche agli altri superstiti, nessuno però riesce a capire che cosa possa provocare quel rumore.
La telecamera esterna non rileva nessuna presenza. La polvere depositata dall'esplosione devanti al rifugio è intatta. Non ci sono segnali di movimenti o impronte lasciate davanti all'ingresso.
Un giorno però Mark intravede qualcosa nello schermo collegato alla telecamera esterna. Dura un istante ma è sicuro di quello che ha visto. Un enorme coniglio rosa.
Dopo averlo comunicato alla moglie interrompe il collegamento con gli altri rifugiati nel tentativo di raccogliere più informazioni possibili, ma quando Jane riceve una nuova richiesta di contatto dal rifugio in cui si trova suo marito, lo spettacolo che vede al di là dallo schermo è agghiacciante.
Un enorme coniglio rosa seduto davanti alla porta completamente intatta, con in grembo un'accetta insanguinata.

Come è riuscito ad entrare se la porta non è stata aperta? Chi o che cosa si cela dietro quell'essere?
Sono queste le domande a cui il lettore brama di trovare una risposta.
Una risposta che personalmente non mi ha completamente soddisfatta. Prima di spiegarvene il motivo, chiudo questa prima parte del post descrivendovi il libro come un'opera sicuramente in grado di incuriosire il lettore, ma nello stesso tempo estremamente lenta e temporeggiante in moltissimi punti.
Altre parti della narrazione le ho trovate davvero troppo irreali e tirate. Le parti dedicate alla figura del coniglio sono indubbiamente le migliori all'interno dell'opera e quelle che il lettore ha più fretta di raggiungere e di leggere. Devo ammettere anche che l'impatto visivo di queste scene è piuttosto forte, se non siete amanti dei film splatter tenetelo a mente.
Sono molto combattuta nell'esprimere un giudizio complessivo. Posso dire che non mi è dispiaciuto ma mi aspettavo davvero molto di più da questa storia.

CONSIDERAZIONI SUL FINALE (SPOILER)

Nel corso della lettura ho sempre cercato di vedere in questo libro molto di più di un semplice thriller fine a se stesso. Ho cercato di vedere delle chiavi di lettura più metaforiche, quasi quel bussare rappresentasse l'odio che tentiamo di tenere all'esterno ma che poi riesce ad invadere le nostre vite. Speravo che la scelta della figura del "coniglio" non fosse casuale ma una contrapposizione tra una creatura che solitamente rappresenta qualcosa di tenero e innocuo e un essere che nel libro diventa sanguinario e spietato. Speravo insomma in  un epilogo che evidenziasse questi punti, che creasse un parallelismo con la guerra che aveva innescato questi eventi. Epilogo che però ha decisamente deluso le mie aspettative.

LO SAPEVATE CHE... esiste un film realizzato in Italia ed ispirato a questo libro? E' stato prodotto da Rai Cinema e diretto da Valerio Boserman. Leggendo il libro e guardando le immagini del film è inevitabile non avvertire un richiamo ad un coniglio cinematografico ben più famoso: quello di Donnie Darko.

IL MIO GIUDIZIO



CITAZIONI

"Nell'inesprimibile desolazione di un mondo morto, non era certo l'orrore ad avere bisogno di un perchè"

"Qualche volta si riesce a scampare ad un incubo solo per precipitare in un altro"

Un buon presagio di Gillian Flynn - Recensione



Nessuno è infallibile, devo ricordarmelo. Sono quasi sempre portata a dare piena fiducia ad un autore che in passato ha saputo colpirmi con una o più delle sue opere. Arrivo stupidamente a convincermi che tutti i suoi libri possano rivelarsi una piacevole sorpresa. Ahimè non è così, e questo romanzo (o racconto lungo) ne è la palese dimostrazione.

Ho amato la Flynn in passato con "L'amore bugiardo" e "Nei luoghi oscuri", ho trovato le sue opere pungenti, acute, intelligenti e con una straordinaria caratterizzazione dei personaggi.
Nonostante si possa riconoscere qualche sfumatura di questa autrice anche all'interno di "Un buon presagio", questo libro si è rilevato una grande delusione, almeno per me.
E' un romanzo che si discosta dall'ambientazione e dalle tematiche tipiche della Flynn, ma nello stesso tempo nella caratterizzazioni di personaggi forti e ambigui ritroviamo quella scrittrice che ha saputo sorprenderci con altre opere.
Anche in questo caso infatti ci ritroviamo in balia della sua penna senza riuscire a capire se un personaggio sia positivo o meno. Vi renderete conte di essere in suo potere poichè continuerete a cambiare idea sul carattere di molti personaggi. Inizialmente li giudicherete dalla parte dei buoni per poi cambiare idea diverse volte nel corso della lettura.
La verità? Non saprei dirvelo perchè il romanzo ha un finale completamente aperto. Tanto che mi sono chiesta se effettivamente terminasse in quel modo o se mancassero delle pagine alla mia copia del testo.


TITOLO: UN BUON PRESAGIO
AUTORE: GILLIAN FLYNN
EDITORE: RIZZOLI
PAGINE: 85





Una storia che si muove sul confine tra reale e paranormale, senza mai farti capire dove stia la verità. La protagonista non ha un nome. E' una ragazza abituata a vivere per espedienti che dopo aver fatto la prostituta per diverso tempo inizia a fingersi una medium, fingendo di poter vedere il futuro delle persone e di avere poteri paranormali.
Un giorno però entra in negozio una donna alquanto strana che le confessa di percepire qualcosa di strano all'interno della sua casa. 
La medium già pianifica una serie di sedute da proporre a questa donna per liberarla da questo presunto spirito, sedute inutili ma che le avrebbero permesso di ottenere un consistente guadagno.
Nel momento stesso in cui mette piede in quella grande villa vittoriana però anche la medium percepisce qualcosa di anomalo.
Chi c'è in quella casa? Cosa sta succedendo a Miles, il figliastro della donna che sembra comportarsi in modo ambiguo? 
Ancora una volta, come ci ha abituati la Flynn, nessuno è ciò che sembra.

Un'opera a mio avviso rinunciabile che consiglio solo a chi ha un vero interesse nel collezionare l'intera produzione letteraria di questa autrice.

IL MIO GIUDIZIO



 QUARTA DI COPERTINA
La incontriamo in un piovoso mattino d'aprile, nel bugigattolo dove legge l'aura a signore fragili di nervi, dispensando loro consigli e previsioni. Di lei non conosciamo il nome, sappiamo solo che è una giovane donna intraprendente, scaltra, cresciuta da una madre bizzarra e spesso assente, e che fin da bambina è stata abituata a vivere di espedienti, a escogitare ogni giorno un modo per tirare avanti. Quando nel piccolo locale entra Susan Burke, bionda, bella, occhi azzurri e ben vestita, da una analisi veloce la nostra «sensitiva» si convince che si tratta dell'ennesima signora benestante e infelice, in cerca di emozioni forti. In realtà Susan è lì per chiedere aiuto: nella vecchia casa dove vive con la famiglia si verificano fatti inquietanti. Fiutato l'affare, la truffatrice si propone per una «purificazione» dell'ambiente domestico a base di spargimenti di sale, erbe da bruciare e formule pseudomagiche. Nel varcare la soglia della sinistra casa vittoriana, però, si rende conto che qualcosa davvero non va, e l'incontro con il figliastro di Susan non fa che confermare le sue impressioni. Miles è un quindicenne indecifrabile, dal comportamento disturbato e violento, capace con le sue storie di creare nuove realtà. Ma sono davvero soltanto storie, le sue? In presenza di Miles nulla è come sembra, verità e invenzione si sovrappongono e si mescolano fino a confondersi.

Dimentica il mio nome di Zerocalcare - Recensione



Ero probabilmente l'unica umana a non aver mai affrontato un'opera di Zerocalcare. Ne ho sentito parlare in ogni dove in questi ultimi anni ma ho sempre procrastinato nell'avvicinarmi a lui.
Mi sono già bastonata da sola, tranquilli!


Leggendo "Dimentica il mio nome" ho capito il motivo di tanto riconoscimento e ho avuto finalmente modo di avvicinarmi a quello che viene considerato uno dei più grandi e promettenti fumettisti italiani.
Forse inziare con quella che viene consdierata da molti la sua opera migliore non è stata una grande idea, ma ho comunque intenzione di recuperare anche le altre pubblicazioni.


TITOLO: DIMENTICA IL MIO NOME
AUTORE: ZEROCALCARE
EDITORE: BAO PUBLISHING
PAGINE: 236




 


In "dimentica il mio nome" Zerocalcare riesce ad unire una componente malinconica ad una decisamente più ironica, senza mai risultare però forzato o fuori luogo, pur affrontando tematiche delicate come la perdita di una persona cara.
Una storia autobiografica che inizia con la perdite della nonna di Zero per arrivare poi a cambiare completamente binario a metà libro per staccarsi dalla realtà e sconfinare in un mondo molto più fantastico.
Parlando di autobiografia già ho la sensazione di veder partire qualche sbadiglio da chi non conosce questo artista e che quindi non può sapere quanto sia predominante la componente comica che rende tutto più leggero ma anche più umano. Quasi un modo per esorcizzare il dolore e la paura. La paura della morte, della perdita di una persona cara, ma anche la paura di trovarsi davanti una madre che crolla, che piange la perdita della sua stessa mamma. Nessun figlio è mai pronto a vedere sua madre piangere.
La morte della nonna diventa anche un espediente per ripercorrere le sue origini, il passato della sua famiglia di cui sappiamo sempre troppo poco, concentrati solo su noi stessi e le nostre vite non ci interessiamo a quelle degli altri se non quando è ormai troppo tardi.

Data la mia età, che non dirò nemmeno sotto tortura, ho apprezzato motlissimo il fatto che abbia disseminato la storia di dettagli e richiami agli anni passati. Dalla presenza del mitico Pisolone (trauma infantile per il fatto di non averlo mai avuto) alle citazioni a Dawson's creek o Game of Thrones.



Ho adorato questa contestualizzazione che ha reso tutto più reale e concreto.
Ma non è solo la presenza di questo universo fatto di ricordi di infanzia comuni a far breccia su di noi ma anche la consapevolezza di trovarsi davanti un narratore maturo, in grado di articolare una storia lunga e complessa, dove partendo dal presente si ricostruisce una stora familiare fatta di segreti e misteri, tutto ovviamente condito con il suo stile inconfondibile. 

Il mio primo incontro con questo autore è stato piacevolissimo, l'unico difetto delle graphic novel è che finiscono sempre troppo velocemente.

Conoscete l'autore? 

Non lo faccio quasi mai di inserire uno specchietto dedicato all'autore nelle mie recensioni ma in questo caso voglio fare un'eccezione.  Michele Rech, in arte Zerocalcare, ha 31 anni ed è attualmente uno dei più noti fumettisti italiani. Ha iniziato la sua carriera disegnando locandine per concerti punk e collaborado poi con riviste di ogni genere. 
Collabora con Smemoranda e pubblica strisce su internazionale. Le sue opere sono edita dalla Bao Publishing e il suo blog è tra i più letti d'italia.


IL MIO GIUDIZIO



 QUARTA DI COPERTINA

Quando l'ultimo pezzo della sua infanzia se ne va, Zerocalcare scopre cose sulla propria famiglia che non aveva mai neanche lontanamente sospettato. Diviso tra il rassicurante torpore dell'innocenza giovanile e l'incapacità di sfuggire al controllo sempre più opprimente della società, dovrà capire da dove viene veramente, prima di rendersi conto di dove sta andando. A metà tra fatti realmente accaduti e invenzione.